Scritti di Bertarelli

da alcuni scritti dello scultore Bertarelli – fine anni ’80.

scritto trovato su un suo volume. (documentazione recuperata dalla Signora Claudia Tognali)

” Chiudo questo volume con due parole, non voglio che siano fraintese, Grazie!!!!!

Fine Anno 1987

………….. e la vita continua, anche se Alcuni non meritano di vivere questo momento magico della loro esistenza.

La vita è libertà, saggezza, determinazione, razionalità.

Qualche volta il critico non è critico, ma, una persona che deve scegliere ciò che deve scrivere perchè costretto. Questo per l’Arte è un male imperdonabile !!

Le persone che si interessano all’Arte devono essere libere da ogni vincolo, solo allora potranno dire o dare del suo. ”

firmato l’autore,   Arco 15/04/2008

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Studio d’Arte 88 di Guglielmo Bertarelli

Riva del Garda – Autunno 1988

PER IL DOMINIO DEL POSITIVISMO IN UN’ARTE ETICAMENTE BIOCENTRISTA, PER L’ESPLICAZIONE DEI CODICI SOGGETIVI, PER L’EMANCIPAZIONE DELL’ARTE DAL COMMERCIO – PER IL SUPERAMENTO DELL’STETICA METAFISICA.

1) Per dominio del positivismo nell’arte intendo la trasposizione alla sfera artistica dei concetti che Conte e Stuard Mill avrebbero voluto vedere informare la filosofia, per affrettare il suo cammino dal livello metafisico a quello scientifico.

Per i positivisti infatti la filosofia poteva progredire solo se si serviva della scienza e dei canoni di questa. Così per me l’arte può esprimersi compiutamente, dilatarsi e rinvigorire, solo se incamera la scienza del suo tempo. Che questa scienza sia “vera” o “falsa”, non ha molta importanza. Tutte le nuove vie, anche impervie e pericolose vanno accettate. Le strade comode sono sempre venute con secoli di ritardo. Per essere più preciso, il mio riferimento al positivismo non riguarda la fiducia che quella corrente filosofica nutriva nella assolutezza dei risultati della ricerca scientifica, né ritengo, come invece pensavano gli illuministi, che la scienza rappresenti una sicura salvezza per l’uomo.

Condivido invece pienamente la posizione degli empiristi logici, che considerano i metodi scientifici di conoscenza come gli unici capaci di dare frutti, sia pure validi temporaneamente. Ora io non vedo perché l’indirizzo antimetafisico nei confronti della filosofia non debba e non possa essere trasferito nel mondo dell’espressione artistica, anche continuando a considerarla con Freud, come il risultato di un processo di sublimazione del desiderio, una fantasia dettata dall’insoddisfazione o dall’infelicità, o con Musatti, un rapporto oscillante fra inconscio irrazionale ed una limpida razionalità aderente al mondo reale. Tutto sommato la generale concezione psicoanalitica dell’arte, mi sembra si attagli a tutti i pensieri ch precedono qualsiasi attività umana, compresa quella scientifica. Forse che le intuizioni degli scienziati non sono fantasie? La differenza fondamentale fra scienziato ed artista è che lo scienziato usando il metodo sperimentale, verificherà se le sue fantasie sono aderenti alla realtà oppure no. Picasso, per fare un esempio, non avrebbe mai potuto verificare se è possibile vedere un viso contemporaneamente di fronte e di profilo. Invece gli artisti rinascimentali potevano verificare se la loro rappresentazione era aderente oppure no alla realtà, sia pure attraverso un’osservazione oggettiva.

E qui sta il punto. E’ accettabile oppure no che l’artista falsifichi la realtà? Si intende che la domanda è pleonastica. L’artista può fare ciò che vuole. Correggiamola chiedendoci se la “falsificazione” contiene un messaggio oppure se non lo contiene affatto, oppure chiediamoci se questo messaggio è comprensibile oppure no.

Non voglio essere frainteso. Non auspico certo un ritorno al figurativo. Auspico solo un ritorno al “vero”, sia pure soggettivizzato dalla fantasia ed inteso storicamente. Uno degli aspetti del Rinascimento, movimento scientifico, artistico e culturale che ancor oggi ci meraviglia per i frutti che ha dato, è stata la “fame” scientifica dei maggiori artisti dell’epoca. Si studiavano i rapporti metematici esistenti fra le dimensioni dei monumenti romani, si introdussero le geometrie prospettiche per organizzare oltre al piano lo spazio. Le opere di Michelangelo devono certamente molto della loro perfezione alle ore passate dall’artista a dissezionare cadaveri per studiare l’anatomia. Si studiavano inoltre zoologia, botanica, astronomia, ecc. ecc.. Per concludere, senza l’aiuto della scienza il Rinascimento non sarebbe esistito o comunque sarebbe stato un periodo storico molto meno brillante. Oggigiorno quali artisti si servono delle loro cognizioni scientifiche per esprimersi artisticamente? Non alludo agli strumenti tecnici che lo sviluppo della fisica sforma a ritmo serrato (calcolatori, laser, ologrammi ecc.) e che probabilmente nel prossimo secolo rivoluzioneranno la produzione artistica. Alludo al bagaglio teorico che la fisica, la biologia, l’ecologia, l’etologia, la psicologia, la sociologia, la neurologia e forse la cibernetica possono dare come supporto vitale alla fantasia dell’artista. Quale desiderio posso provare io, uomo del mio tempo, di scolpire – dato e non concesso di averne le capacità – la Venere di Milo o il David?

Quelle opere evidenziano una realtà che io so essere illusoria, apparente, parziale o comunque molto restrittiva.

Darwin ci insegna che solo una serie di fenomeni fisici e chimici e casuali hanno determinato il modo di funzionamento dei nostri occhi (sensibilità solo ad una serie di bande di lunghezza delle onde elettromagnetiche) Se per la sopravvivenza della specie fosse stata sufficiente solo la visione all’infrarosso l’uomo avrebbe trovato il modo di dipingere non con i colori, ma con il calore, usando ad esempio materiali di diversa capacità termica. Ma, lasciando perdere la fisica e passando alla biologia sappiamo che l’uomo non è altro che un anello della catena che dagli esseri unicellulari può portare agli angeli (o al diavolo). Sarà ancora “logico” consono, vitale, originale, produttivo, dedicare alla muscolatura quella ossessiva (ma allora giustificata) cura che gli artisti rinascimentali, antropocentrici, vi dedicarono? E questo quando sappiamo che quei muscoli ci appartengono ad pochi milioni di anni e che forse ci apparterranno anche, come specie, per pochi milioni di anni? E oggi, dopo che da parecchi decenni la psicologia ha scoperto i demoni che sono in noi, che l’etologia nell’ultimo cinquantennio ha dimostrato che il nostro “orgoglio” di essere uomini deve subire limitazioni perché molti dei nostri atteggiamenti “umani” sono solo atteggiamenti “bestiali”?

Perché dipingere un viso angelico quando dietro quel viso c’è Dio o il diavolo, la Bestia o l’Angelo? Oggi dall’arte si può pretendere qualche cosa di più che non la riproduzione dei riflessi della luce sul nostro corpo o su un fiore. Sappiamo infatti che quei riflessi sono solo: l’aspetto più superficiale della complessa realtà umana. Anche gli autori rinascimentali si erano resi conto di ciò, ma è giusto usare ancora la loro simbologia, i loro canoni estetici per cercare di andare “oltre”? Non è più giusto usare i simboli che ci vengono suggeriti dalle scienze moderne?

Guglielmo Bertarelli

PERCHE’ UN’ARTE BIOCENTRICA?

2) L’ecologia ci ha insegnato che l’uomo ha legami talmente stretti con la natura da rendere impossibile e dannoso considerarlo a di fuori di essa. Le illusioni che un massiccio intervento sull’ambiente, attraverso bonifiche, disboscamenti, interventi chimici ecc avrebbero prodotto solo benefici all’umanità, sono cadute. Già alla fine del XX secolo si vedono nettamente i segni di una futura, ma non troppo, ritorsione dell’ambiente.

Produciamo quantità enormi di anidride carbonica, ossido di zolfo e di azoto, e questo ha già portato la caduta di piogge acide con gravi danni per foreste e laghi . Il Mediterraneo sta morendo con conseguenze immaginabili. Le città sono invivibili. Ogni colpo che sferriamo ad un nostro nemico, virus o crittogamma che sia, senza tener conto che quel colpo viene sferrato anche ad un infinità di esseri che ci sono utili, significa che l’uomo continuerà ad essere solo un allievo stregone, incapace di valutare gli effetti dell’enorme potere di cui dispone. Ed il massimo d’incoscienza lo sta dimostrando usando centrali nucleari per la produzione di energia, ben sapendo che le scorie nucleari ipotecheranno il futuro di migliaia di generazioni.

Per l’etologia poi, ed è questa la scienza che ha più influito sulla mia produzione artistica, il corpo umano è una forma filogeneticamente effimera, che nasconde nella sua limitata originalità apparente (non siamo uguali né alle scimmie né tantomeno ai ragni) ambiguità essenziali: l’essenza comportamentale umana è più simile in certi suoi aspetti all’essenza del dinosauro degli uccelli, dei roditori, che non all’essenza dell’uomo ideale utopico.

Conseguentemente diventa ragionevole smettere di considerare l’uomo al centro del creato, come era stato ragionevole che il Rinascimento non considerasse più Dio al centro del creato (teocentrismo) ma, l’uomo. Perciò mi sembra giusto considerare la vita al centro della nostra visione etica della realtà. Per questo mi propongo un’arte eticamente al biocentrismo.

Guglielmo Bertarelli

PER L’ESPLICAZIONE DEI CODICI SOGGETTIVI

3) Mi sembra indubbio che quanto più è soggettivo il codice espressivo di cui si serve l’artista, cioè in altri termini quanto più originale è la sua opera, tanto più soggettiva sarà l’interpretazione dell’osservatore. L’abbandono del figurativo giustificato anche alla luce di quanto scritto in precedenza, si è però accompagnato ad una progressiva diminuzione di peso dei valori etici comuni (soffocati dal consumismo). Questo impoverimento dei valori etici ha contemporaneamente impoverito l’arte, falsificandone anche i valori. Troppi artisti sono solo dei mistificatori come i loro mercanti, che attraverso consorterie internazionali riescono a trasformare il piombo in oro.

Il pubblico, trovando l’arte incomprensibile, o la disprezza o la diserta, oppure per non apparire ignorante l’accetta acriticamente. Ne segue che all’indubbia ineliminabile soggettività del rapporto opera-osservatore, si è sostituito un rapporto del tutto irrazionale, eccezion fatta per coloro che hanno studiato la vita ed il pensiero dell’artista. Se l’opera d’arte è un messaggio codificato che l’artista trasmette al pubblico (se non è così non si vede il motivo di esporre le opere artistiche) sembra giusto che le opere singolarmente o in gruppo, siano accompagnate da una chiarificazione che dia la chiave necessaria per la decodificazione dell’opera. Starà all’osservatore giudicare la validità del codice, l’aderenza del messaggio allo stesso e notare nel messaggio la presenza o meno di una espressività non cosciente che si inserisce nell’opera al di fuori della volontà conscia dell’artista. Anche l’uso di non titolare le opere o di titolarle a puri fini di catalogazione, indica (salvo che per le opere di pura decorazione) o vuoto di idee, o arroganza dell’artista, o una concezione dell’arte opposta a quella descritta.

Personalmente ritengo che un’opera di sintesi, scultura o pittura che sia, abbia ancora più bisogno di un titolo, delle opere analitiche prodotte dalla letteratura e dalla musica.

Guglielmo Bertarelli

PER L’AFFRANCAMENTO DELL’ARTE DAI CANALI UFFICIALI – PER IL SUPERAMENTO DELL’ESTETICA METAFISICA

4) Come qualsiasi prodotto dell’ingegno o del lavoro umano, l’opera dell’artista passa attraverso i canali del commercio prima di giungere al fruitore finale. A differenza però di qualsiasi altro prodotto le cui qualità appaiono abbastanza chiaramente al compratore, il valore del prodotto artistico è aleatorio, sfumato ed in larga misura viene fissato dal mercante o dal gallerista, che lo decide sulla base di parametri solo apparentemente obiettivi. L’aver partecipato alla Biennale di Venezia o di Parigi, ingigantisce il valore. E questo sarebbe giusto se la selezione delle opere da ammettere alle Biennali fosse fatta onestamente. 

Il che è impossibile sia perché le capacità o meglio le incapacità dei critici sono provate dalla storia, sia perché la naturale predisposizione all’intrallazzo dell’uomo è ineliminabile. I premi poi si contrattano. Ed i costi delle gallerie private sono proibitivi, come sono esose le percentuali che richiedono. Gli artisti devono trovare il modo di arrivare al loro pubblico senza spese, devono accettare critiche solo se sono gratuite.

Per fare questo o si organizzano fra di loro servendosi di sale pubbliche o devono essere gli Enti locali ad organizzare collettive libere e non dovrà esserci nessuna commissione che possa decidere che ammettere o chi non ammettere: sarà il pubblico a decidere. Per quanto riguarda l’estetica, mi sembra che i moderni sviluppi della psicologia induttiva, potrebbero sciogliere alcuni nodi sull’essenza del “bello” o sull’essenza dell’interessante”.

Ho individuato alcuni fattori che a mio avviso andrebbero indagati a fondo induttivamente. Sul “bello” o sull’ “interessante” mi sembra che pesino: ambiguità geometrica delle forme, durata nella storia e nel costume o nella cultura dell’osservabilità di un oggetto o di una forma, o riconoscibilità nella forma di una legge matematica, pericolosità o appetibilità della forma, simmetria, credibilità, utilità, sensualità ecc. ecc. Se non è già stato fatto mi sembra che la psicologia dovrebbe interessarsi induttivamente a questi elementi, per verificarne o negarne la validità.

Guglielmo Bertarelli